In sampan sul fiume dei nove draghi, in un labirinto di canali dove la terra si confonde con l’acqua e dove si incontrano miriadi di piccole attività artigianali, raccontando di una terra in forte evoluzione – spinta da una crescita economica dirompente e inevitabile portatrice di cambiamenti anche traumatici – ma ancora capace di conservare nei volti delle persone, come un profumo di lunga durata, un alone di poesia e leggerezza…
Paolo Tarenghi:
La passione nata a 14 anni, quando senti di voler dire delle cose e devi trovare il modo per esprimerle, gli esperimenti in soffitta con tempi, inquadrature e divertimento, fino a scoprire la magia della camera oscura, il racconto fedele dei viaggi per il mondo e delle emozioni che mi hanno procurato, e poi, spronato da mia moglie Carla, decido di passare dal giocare con la fotografia a mettermi in gioco con la fotografia. Inizio il cammino verso la formazione, il confronto con altri fotografi e fotografe di differente sensibilità, età e percorsi, ma con il mio stesso entusiasmo, l’incontro con docenti capaci e appassionati, e soprattutto la scoperta del mondo del ritratto, superando timori e riserbo, per stabilire un contatto con i volti e le persone: è un’emozione che corre su un filo saldo e continuo, fatto di rispetto e delicatezza, tra chi sta dietro e chi di fronte all’obiettivo; è una progressiva apertura verso uno scambio povero di parole e ricco di sensazioni leggere o profonde, ma tutte autentiche ed empatiche. Vivo e lavoro a Torino, città che amo profondamente per la sua bellezza gentile e composta, ma sempre nuova. Mi sono diplomato in fotografia al corso IED di Torino, e ho partecipato a uno stage con Eric Bouvet durante “les rencontres d’Arles Photographie”, ed altri workshop con i fotografi: Giulio di Meo, Eolo Perfido, Ugo Lucio Borga, Antonio Crisà e Enzo Obiso.