La rappresentazione degli stati emotivi, reconditi e privati, fusi nella realtà oggettiva del mondo sono una costante all’interno dei cinque volumi fotografici dell’artista compiuti dal 2010 al 2016.
Nelle immagini utilizza un approccio simbolico alla dimensione intima attraverso ambienti all’interno dei quali si auto ritrae, ponendosi come protagonista al centro di scenari surreali.
Rispettando un’estetica calibrata, simile a quella di un dipinto e uno studio delle luci essenziale realizza un immagine adeguata alla sua sostanza progettuale.
La sua ricerca identitaria, svolta in un’ottica diretta, dà luogo a un dialogo tra dimensioni compenetranti, dove l’universo intimo trasforma le circostanze esteriori in interiori diventando tangibile. Con uno stile pulito e indiretto, il corpo spesso ripreso ad una certa distanza e di spalle si pone, grazie a questa ridondanza, come oggetto di rappresentazione ed elemento marginale.
L’artista non rivela mai la sua identità esiliandosi e confondendosi nelle ‘isole’ della sua storia con la naturalezza di un’Eva estranea al mondo e mostrandosi in un nudo delicato, scultoreo.
In alcuni progetti l’ accostamento del corpo femminile agli ambienti evoca il legame che unisce bellezza e decadimento e attraverso la postura del nudo si serve di un’analogia sottile con la scultura classica, ispirata all’idealizzazione del corpo e ad archetipi positivi che in questo caso però non si manifestano.
Il nudo viene così sradicato dal suo concetto ‘divino’ per ambientarsi in una scenografia che rappresenta la sua stessa decadenza interiore.
Si confronta costantemente con la realtà, intima ed oggettiva percependo entrambe le dimensioni conflittuali e disincantate; negando spesso la capacità di percepire la realtà attraverso i sensi e l’emotività che si contrappone alla tangibile ‘presenza’ della propria fisicità.
Emerge così un continuo rimando tra gli opposti, attraverso riferimenti iconografici e mediante la sospensione delle spazio e del tempo.
Le sue fotografie si animano in silenzi evocati da una riflessione, esercitata come presa di coscienza, attraverso uno sguardo limpido posato su una dimensione fragile, inquieta e vulnerabile raccontata sottovoce ed esplorata con delicatezza.
Olimpia Olivero nasce a Torino nel 1986, dopo il diploma in lingue straniere si iscrive all’Università di Lettere e Filosofia che successivamente abbandona per dedicarsi alla fotografia.
Già nell’adolescenza utilizza l’immagine come registro della sua vita privata attraverso una visione amatoriale che la porterà a sentirsi a proprio agio con il mezzo fotografico decidendo di frequentare l’Istituto Europeo di Design e diplomandosi nel 2009 con la tesi sul carcere minorile Ferrante Apporti osservato da un punto di vista emotivo e simbolico.
Dopo gli studi il suo impegno verso la fotografia si intensifica con lo scopo di sviluppare uno stile ed una poetica personale.